Siamo fortunati ad avere un’amica così.

Celebrazione per il terzo anniversario della nascita in cielo di Maria Chiara presieduta dall’Arcivescovo Mons. Francesco Montenegro

 

Saluto iniziale

Un saluto a tutti, è una celebrazione particolare, un insieme di sentimenti: la tristezza per una persona che non è più con noi e tra noi, la serenità che questa persona il Signore si è preparata a incontrarlo e poi c’è anche la gioia. Ha vissuto Maria Chiara la salita del venerdì santo e adesso sono certo sta vivendo la pasqua con il Signore.
Vorrei davvero che questa celebrazione per noi fosse una celebrazione pasquale, dove il Signore porta i segni della passione, ma nello stesso tempo dice che qualcosa è cambiato, e allora questo deve darci speranza.
Chi ci precede ci addita il cammino, che in fondo alla strada c’è la luce. Dobbiamo assicurarci di saper percorrere tutta la strada e di desiderare, così come ha fatto Maria Chiara, anche noi la luce

 

Ger 11, 18-20

Sal 7

Gv 7,40-53

 

Omelia

Sono contento di vedervi in tanti, voi che mi state di fronte, seminaristi, sacerdoti per ricordare questa nostra amica. Molti l’hanno conosciuta, qualcuno non l’ha conosciuta, ma anche non avendola conosciuta direttamente, l’aver saputo notizie o letto qualcosa, la vede già come un’amica e quindi si sente più ricco di questa presenza.
La vita di Maria Chiara è una vita che vale e che mette in discussione molti modi di pensare alla nostra vita, come poterla fare diventare luminosa. Alcune volte andiamo a cercare le cose grandi, le cose straordinarie credendo che quella sia la via per dare valore alla vita, quando poi Maria Chiara ci dimostra che una vita semplice, vissuta anche nella compagnia della malattia può rendere grande una persona. Vorrei che questo momento diventi per noi momento di riflessione, per poter guardarci, dentro guardando lei, e scoprire quello che il Signore effettivamente vuole da noi. E il Signore ci ha aiutati con le letture che abbiamo ascoltato che in qualche modo non sono fuori tema in rapporto a questo nostro incontro di ricordo e di preghiera. Nella prima lettura abbiamo ascoltato le parole di Geremia, quelle parole che poi si sono realizzate in Gesù, quelle parole che sono destinate a diventare esperienza di vita: “ero come un agnello mansueto che viene portato al macello”. Chi parla così è una vittima, però chi parla così è una vittima che vive il suo martirio non alla cieca, ma sapendo che fa parte di un progetto più grande: del progetto di Dio. E Geremia lo dice “Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo”, prende coscienza che nonostante la sofferenza c’è questa presenza di Dio che l’accompagna e l’aiuta. Io penso che se ci fosse Maria Chiara qui con noi, a questo punto, ripeterebbe quelle parole che lei ha scritto in quella paginetta “il riassunto del mio amore”, lei ha scritto “Egli dunque ti ha umiliata, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto per farti capire che l’uomo non vive solo di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore”.
Credo che queste parole che lei scrive sono un po’ come gli occhiali della sua vita, questa capacità di vedere chiaro, di vedere oltre e di vedere lontano.
Anche Maria Chiara ha il suo segreto, il suo segreto è quello di sapere che c’è un piano di Dio, un piano di Dio che avrà uno svolgimento e se ci si fida di questo Dio ecco che è possibile, nonostante tutto, di vivere in atteggiamento di mitezza e di abbandono, cosa che lei ha fatto nella sua malattia. Ci sarebbe da dire, e non meravigliamoci se lo facciamo in un contesto di una persona che ha sofferto e ha finito presto la sua vita, che quando davvero si incontra Dio si scopre come Dio fa sognare. E la parte finale soprattutto della vita di Maria Chiara è stata un sogno: un sogno con i piedi per terra, un sogno dove la sofferenza è stata forte, ma dove la sua forza è stata nella sofferenza.
Noi non lo comprendiamo, ma la nostra vita è sempre messa dentro a una cornice, quella cornice che il Signore prepara. Allora se io voglio vivere davvero e voglio che la mia vita valga, ecco che ho bisogno che il quadro della mia vita sia inserito in questo progetto. È vero che ognuno di noi avrebbe dei consigli da dare all’artista, però l’artista quando fa i suoi capolavori, e noi abbiamo visto che Maria Chiara è un capolavoro, non si lascia distrarre dai consigli degli altri, perché quello che a lui interessa è che quel capolavoro prenda forma, e quando l’artista fa un capolavoro lui non vuole più distruggerlo, sarebbe da matti! E se ci ha lasciato Maria Chiara come compagna di viaggio, anche se lei ha tagliato prima il traguardo, ci ha affidato un capolavoro a cui guardare per poter dare senso e spessore alla nostra vita.
E questa non è poesia. Se non ci fosse stata la sofferenza sarebbe stata una bella poesia quella di Maria Chiara, ma l’essere stata offesa dalla sofferenza, aver dovuto portare la sofferenza e viverla così come lei ha vissuto ci fa dire e ci fa capire che c’è tanto altro ancora davanti a noi che dovrebbe essere compreso. E poi un altro pensiero che viene fuori e che ognuno di noi dovrebbe diventare della stessa grandezza di Cristo, e Cristo è l’agnello di Dio. Ecco se dobbiamo misurare quanto misura il cuore di Maria Chiara basta guardare a quello di Cristo. Lei ha inserito la spina nel cuore del Cristo e ha vissuto con quella luce, anche se in una parte della sua vita non è che tanto Dio le interessasse, ma nel momento in cui ha scoperto che inserire la sua spina in quella presa valeva più di tutto. Ecco allora ci accorgiamo che così in Maria Chiara noi vediamo il cuore stesso di Dio. È bello questo, pensare che ognuno di noi sia alla portata di questo. Noi troppe volte viviamo la fede come uno sforzo, come una fatica, come una resistenza, però guardando Maria Chiara e tanti altri che come lei hanno sofferto, il momento più sublime non è quando io salgo le scale per andare più in alto, ma quando permetto che la passione di Cristo si sovrapponga alla mia passione, tanto da diventare una cosa sola. La nostra vita dovrebbe riuscire a farci dire con sincerità “sono un agnello mansueto che viene portato al macello” e questo riusciremo a dirlo quando scopriremo davvero che la strada del Signore è la nostra strada.
Maria Chiara cosa ha scritto? “Ha voluto condividere con me un pizzico della sua croce, ma lo ha fatto con garbo, con dolcezza, in silenzio, con amore. Mi ha dato la Grazia di dimenticare il dolore che ho provato per anni perché eterna è la sua misericordia, non mi ha lasciata mai sola”. Si è sovrapposta la Sua passione a quella di Maria Chiara e uno che permette questo riesce a vivere anche nella sofferenza questo e riesce a vedere Dio Padre anche quando la croce diventa pesante. La strada dell’Agnello, questo agnello che si immola portato a morire, è diversa per ciascuno di noi, noi non sappiamo quale sarà il nostro cammino e come si concluderà però una cosa è sicura: la strada dell’Agnello deve diventare la nostra, per poter giungere alla Gloria dell’Agnello.
La nostra fede purtroppo ci sta impegnando a vivere gesti e a vivere azioni nelle quali noi dobbiamo sentirci più buoni e più bravi, quando invece la nostra fede dovrebbe portarci a desiderare fortemente di essere più Cristo. Questa è la conclusione del cammino della fede: non la bontà che si protrae dentro di me, perché non sempre quella bontà può essere quella giusta, il mafioso uccide pregando prima, e quella non è bontà! Ma quella bontà che mi fa vedere Cristo come un modello, quel Cristo che non vuole la mia morte. Dio non è un concorrente invidioso della felicità dell’uomo. Lui vuol proporre a tutti la via migliore per poter portare ad altri la propria vita con dignità, ma con i segni suoi.
Maria Chiara dice “mi ha fatto morire e mi ha fatto risorgere”, non “mi farà risorgere”: nella sofferenza stessa, mentre il seme veniva schiacciato dalla terra lei sentiva che dentro il seme c’era la vita nuova. Questo è Dio!
E continua: “mi ha fatto attraversare il deserto, mi ha fatto attraversare un lungo periodo di aridità, mi ha fatto sentire l’inquietudine, si è fatto desiderare da me (…). Vorrei tanto che la mia morte possa essere un grande giorno e vorrei tanto poter avere tutta San Mauro lì attorno a me che canta e fa festa, perché finalmente vedrò il mio amore che ho tanto atteso e tanto desiderato. Lui mi ama e io amo Lui, perché eterna è la sua misericordia.”
Questa è la fede. Quando la fede diventa un’esperienza d’amore vera, la fede c’è. Ma quando io penso di credere, però nella mia vita non c’è amore e non c’è fiducia in questo Dio, la mia fede è poca cosa. E guardate è lei che lo dice: in questa sua vita non ha sentito soltanto la difficoltà della sofferenza, ma lei ha sentito anche altro, ha sentito il buio, il silenzio, la paura, l’aridità, però “Lui è il mio amore” e anche quando nel suo cuore c’era l’inverno, già dentro il seme stava vivendo la Pasqua.
Che bella la vita vissuta così! Aver potuto incontrare la fede nella maniera migliore per poter vivere la propria vita con grande dignità.
Questo è quello che mi ha fatto pensare la prima lettura.
E poi c’è il vangelo: abbiamo sentito la contrapposizione tra Gesù e gli intellettuali, quelli che pensano, quelli che credono. Probabilmente Gesù mentre parlava con loro dentro di se deve sentire forte il desiderio di relazionarsi con i piccoli, i poveri, i semplici. Perché chi vuol ragionare complica talmente le cose che perde completamente di vista il senso di quello che sta facendo, no? E dopo aver discusso tanto c’è un’affermazione che sa di amarezza: “se ne tornarono a casa”, il discorso finì li, avevano dimostrato di sapere, avevano interrogato, ma la conclusione?
Dunque dobbiamo chiedere che il nostro cuore sia semplice per potersi incontrare col Signore. Anche a noi capita di discutere su di Lui, studiarlo ecc… ma probabilmente non gli diamo tutto lo spazio per poterlo guardare con fede e lasciarLo parlare.
Maria Chiara lo lasciava parlare, anche quando Lui non si faceva sentire, in quei momenti bui, ma lei sapeva che c’era un dialogo aperto. Maria Chiara si sarebbe potuta chiudere nella sua sofferenza, mettere un cartello “non disturbare, sto soffrendo” e invece ha vissuto la sua sofferenza e la sua vita fino all’ultimo come una festa e voleva una festa per la sua morte, allora che cosa ci insegna? Che il meglio per noi è camminare con Lui nel cuore. Anche qua, dice Maria Chiara “la gioia piena è quella che viene da Dio. Non stancatevi mai di cercarlo e quando Lo troverete sono certa che proverete la stessa mia gioia quando l’ho incontrato. Sono certa che non potrete più farne a meno”.
Una maestra, non è una ragazza. E’ una che ha tanto da insegnare ma soprattutto è capace di insegnarci, o meglio di farci capire chi può essere veramente Dio nella nostra vita. Aveva ragione Gesù a dire “se non sarete come i piccoli non entrerete nel regno dei cieli.” Maria Chiara ha vissuto la beatitudine della piccolezza, dell’umiltà del cuore, della gioia di Dio. Ecco perché è una ragazza felice! Anche se diceva “ahi” perché soffriva. Questa piccolezza è stata un grande dono per lei, potrebbe essere un grande dono per noi. Dobbiamo solo desiderarla ed esercitarla nella vita. E ancora leggo lei “possiate unire sempre i desideri del Signore con quelli vostri, perché siete speciali e le persone speciali hanno sempre compiti speciali nella vita, ma senza la forza di Dio non possiamo far nulla”.
Non era speciale solo Maria Chiara, ognuno di noi è speciale, perché ognuno di noi attira tutto l’amore di Dio, ognuno di noi è il capolavoro di Dio. Lei è stata furba, una volta scoperto questo amore non se l’è fatto scappare. Se diventassimo furbi come lei, sentiremmo che questo amore è diretto anche a noi. Ecco allora rileggiamo queste parole del vangelo e diciamo “Signore io credo in te, io credo te, ma senza molte parole”.
Vedete, Maria Chiara dice “Lascio a tutti coloro che leggeranno questo testamento la speranza – ce la consegna questa speranza – la speranza di godere della vita eterna, sia qui sulla terra che in cielo”. Non solo lì, ma anche qui. Quel suo letto è un pezzo di paradiso, perché era pieno di Dio, quel paradiso che poi lei starà vivendo, ma qua già lo viveva. E continua “quella speranza che racchiude in sé la gioia, la pace e l’amore” – E queste parole che ora vi leggo scriviamole nel cuore – “non abbattetevi mai nelle difficoltà, cercate sempre l’aiuto di Dio, non pensate mai che il Signore non è vicino a noi, perché è sempre lì presente, aspetta solo un vostro cenno e una vostra parola. Le difficoltà non mancano e non mancheranno, ma vissute con Lui avranno un aspetto diverso, diventeranno leggere – ci vuole coraggio a dire questo – e profumate d’amore – Anche la carne sanguinante del Cristo può fare profumo – Non perdete tempo a pensare a cose superflue e senza senso, vivete ora e adesso con Dio e solo così capirete quanto è bello vivere l’ora e l’adesso per Lui. Non potrete più fare a meno di unire con Dio la vostra vita, perché solo così troverete un senso a tutto ciò che vi succederà in ogni momento.” Basterebbero queste parole per stare a riflettere per un lungo tempo. Ecco credo che quello che Maria Chiara ci indica è la strada giusta, la soluzione migliore. Forse è quello che il Signore si aspetta anche da noi. Forse un pensiero che dovremmo dirci è perché Maria Chiara si e noi no? Ognuno nella situazione in cui si trova. E ci siano di conforto, e chiudo, le parole di Maria Chiara “pregherò sempre per tutti voi, in qualsiasi parte dove Dio mi vorrà”. Siamo forti e fortunati ad avere un’amica così.