La messa per il sesto anniversario della nascita in cielo di Maria Chiara è stata celebrata il 18 aprile a causa della situazione d’emergenza attuale.
L’eucarestia è stata presieduta dal Cardinale Mons. Francesco Montenegro, a seguire l’omelia.
Ascoltando e leggendo le letture che ci sono state annunciate, mi ha dato l’impressione come se la Chiesa fosse preoccupata che la gioia pasquale lentamente diminuisse nella nostra vita, perché presi dai tanti problemi che abbiamo, dimentichiamo quell’evento così importante e decisivo che è la Pasqua. La Chiesa vuole che questo clima pasquale resti sempre, perché senza la Pasqua, la nostra vita resterebbe senza senso, la nostra fede non ci sarebbe. Noi siamo credenti perché siamo “quelli della Pasqua, del Risorto”.
Avete visto, ci mette davanti alla figura di Pietro, lui che per paura scappò. Prima si è nascosto, ora esce e predica e dice a tutti con orgoglio di essere amico di quel Gesù che fu crocifisso. Nel Vangelo troviamo Gesù, e la Chiesa dice “non te lo dimenticare questo gesto che Gesù fa: non è un fantasma, lui c’è. Infatti lui mangia con i suoi apostoli, li rimprovera per la loro incredulità. Questa presenza diventa determinante e dovrebbe essere per noi la chiave che permette di guardare alla vita, anche nei suoi momenti più difficili, e li stiamo vivendo anche per la pandemia che ci sta imprigionando tutti. Gesù, invita i suoi discepoli ad essere testimoni, a portare agli altri la notizia della sua morte, ma anche della sua resurrezione. Morte e Resurrezione messe insieme che, se vogliamo dirlo con una con una sola parola, del suo amore per noi. Dovrebbe essere così per ognuno di noi.
Alla fine della Messa usciremo, torneremo ai nostri impegni, penseremo “abbiamo fatto il nostro dovere anche questa settimana, siamo stati a Messa, non abbiamo fatto peccato, siamo dei buoni cristiani”.
Non basta essere venuti a Messa perché c’è una norma che ci dice che la domenica dobbiamo incontrarci per l’Eucarestia. L’importante è come usciamo da questa Chiesa. Se ho incontrato il Risorto, che si è fatto pane e che si spezza per me, io ho qualcosa da cambiare nella mia vita. Vi ricordate i due di Emmaus? Loro camminavano senza speranza, avevano conosciuto e sentito Gesù, eppure quella luce si stava spegnendo. Per fortuna quel pellegrino, che era Gesù, si accosta a loro e la notizia della Pasqua li rianima talmente che se ne tornano a Gerusalemme per dire a tutti che Gesù è Risorto. Abbiamo bisogno di questi incontri, e ogni settimana ne abbiamo la possibilità, per riprendere quella forza necessaria, per riempire la nostra vita di quella luce Pasquale e per aiutare gli altri a sentire di non essere soli.
Abbiamo bisogno di questo incontro per scoprire che Dio è diverso da come noi lo pensiamo. Tante volte lo pensiamo la su, distratto, preso da mille pensieri, tanto che si dimentica di noi, e se ci succede qualcosa gli diamo la colpa: lui non mi doveva trattare così! e qualche volta lo mettiamo anche in castigo.
Se ascoltiamo Gesù e leggiamo il Vangelo ci accorgiamo che questo Dio è davvero diverso perché a questo Dio non piace stare tra le nuvole. E’ un Dio che si è fatto uomo, che si è fatto carne, che ha avuto le ossa, che ha sudato, che ha pianto, che si è stancato, che ha avuto fame, che ha avuto sete, che ha avuto gioia, gli piaceva stare con gli amici, giocare con i bambini, avvicinarsi ai malati, questo è il Dio che dobbiamo scoprire per sentirci meno soli e perché la nostra fede possa avere quel brivido e e quel vissuto che ormai abbiamo perso.
Noi siamo credenti, siamo stati battezzati, siamo ancora Cristiani ci va bene così. Lui invece vorrebbe che prendessimo un po’ la scossa, perché la Sua presenza dovrebbe scuoterci.
Lui vorrebbe che ognuno di noi senta così forte il desiderio di raccontare agli altri quanto è grande l’amore di Dio. E che Dio ha il coraggio di amare anche coloro che si credono peccatori e lontani da Lui.
Questi cinquanta giorni, il tempo Pasquale che siamo vivendo, servono perché noi ci convertiamo, ma a cosa? Alla fede no perché la abbiamo, ma forse abbiamo bisogno di convertirci alla gioia, quella che manca in molti noi, lo dico a me, lo dico a voi.
Alla gioia per poter aprire il cuore al Risorto, perché il Risorto trovi posto nella nostra vita.
Credere non è facile, di dubbi ce ne sono tanti, di paure ce ne sono tante, le hanno avute gli apostoli, le abbiamo anche noi. Però non chiudiamo il cuore come Tommaso, è bello quell’incontro tra tommaso e Gesù, e Gesù dice “toccami! Vedi tu hai sofferto, ma anche io ho sofferto come te” e Tommaso dice di Si, gli crede.
Allora alla fine delle letture ascoltate abbiamo sentito che dobbiamo essere testimoni della gioia.
E stasera mi ritrovo con voi a pregare pensando a Maria Chiara, che se vogliamo un po’ darle un titolo, una definizione, diremmo che è ”la ragazza della Gioia”, anche se provata da tanta sofferenza. Perché è la ragazza della gioia? Perché vive nella gioia colui o colei che tutti possono avvicinare. Vive nella gioia chi, come Maria Chiara, che tutti sentono amico, che tutti possono incontrare, che vicino a lei ci si può sentire come a casa propria.
Chi vive nella gioia è una persona affidabile perché ispira fiducia. Non mette in difficoltà ed è ricco di una sapienza che trasforma la vita.
Maria Chiara ha detto: “il Signore mi ha fatto conoscere la sofferenza. Ha voluto stringere con me un legame più profondo” -se non è sapienza questa, non so dove potremmo trovarla- “ha voluto condividere con me un pizzico della Sua croce, ma lo ha fatto con garbo, con dolcezza, in silenzio, con amore. Mi ha dato la grazia di dimenticare il dolore che ho provato per anni perché eterna è la Sua misericordia. Non mi ha lasciata mai sola, mai.”
Può parlare così chi ha il cuore pieno di gioia, la gioia è luce, è forza, è saper guardare il positivo, anche la dove sembra che tutto sia nero. A chi è nella gioia nessuno ha paura di chiederli troppo. Chi è nella gioia non ha mai fretta. Vedete, chi è pieno di gioia, lo dico a noi perché davvero possiamo desiderare la gioia vera che Dio ci da, sa vivere nel silenzio perché chi è nella gioia ègià entrato ed è pieno di eternità.
Maria chiara diceva: “il Signore mi sta donando la grazia di vivere tutto come un dono, con amore, e se sto vivendo adesso tutto questo amore, non voglio immaginare cosa mi aspetterà quando morirò.”
La gioia è passaggio: passaggio da proprio mondo all’Amore. Noi viviamo chiusi in noi stessi, gli altri ci mettono paura, li guardiamo con diffidenza. Chi è nella gioia sa guardare l’altro, sa sentirlo fratello. La gioia è il passaggio da smettere di pensare solo a se per sentirsi dono per gli altri.
La gioia è il passaggio dal limite all’infinito. Maria Chiara ci ha fatto capire che nella vita di una ragazza c’entra il cielo e lei è diventata un pezzo di cielo per quelli che la avvicinavano. La vita di Maria Chiara, piano piano si è fatta grande, anche se è stata breve. E’ una ragazza che ha vissuto pienamente e la Sapienza, la gioia, la fede non si misurano con gli anni, c’è un altro modo di misurarle.
Lei già da qui ha fatto il passaggio da questa terra all’aldilà, all’eternità, dalla morte alla vita.
Quel funerale che doveva essere uno sposalizio, quei canti di gioia, che dovevano accompagnare quel momento particolare.
“E l’ultima cosa che voglio dirvi” – dice Maria Chiara- “è che la cosa che realmente mi consola è sapere che la morte è stata vinta, ed è stata vinta da Colui che ha amato più di tutti e si è donato più di tutti a me”. Non sono parole che dico io che sto bene, sono parole di una persona che è davanti all’uscio della morte, una persona che sa che dietro quella porta c’è la vita, c’è l’eternità.
Allora essere nella gioia significa essere liberi.
Maria Chiara è una ragazza libera, anche se prigioniera della sua malattia. E’ la stessa libertà del ruscello che corre verso l’Oceano, perdendo la propria acqua nell’acqua del grande mare. La sua vita è stata questo scorrere per tuffarsi in quell’acqua, e lei è divenuta mare, l’eternità, l’abbraccio di Dio, una vita che è valsa, una vita che lascia il segno.
Alla gioia ci introduce Gesù perché quando Gesù dice “vieni e seguimi”, non promette niente di concreto, di materiale, ma da e fa la promessa di qualcosa che diventa stupore, meraviglia.
E Maria Chiara ha detto di si a questo “vieni e seguimi”. Non sapeva dove sarebbe arrivata e dove l’avrebbe portata, ma si è fidata di Gesù. Si, si è fidata. La fedeltà cos’è? La fedeltà è saper vivere le proprie cose perché ogni giorno io possa scoprire che quell’amore di Dio riempie sempre la mia vita.
Lei parlava della morte come un trasloco, l’ha definito così, un’immagine bella. Non è che finisce una cosa per iniziarne un’altra, le sue cose vanno in un’altra realtà. E’ tutta Maria Chiara che Risorge in Cristo, con un’anima semplice, da povera, che è è riuscita a far fruttare quel talento che le era stato dato, tanto da riempirci di stupore e dire “ma che straordinaria questa vita!”.
Vedete lei può dire: “della mia vita non cambierei niente, e questo lo voglio dire a tutti.” – ci vuole soltanto il coraggio dell’amore per poter dire queste parole – “perché la mia vita è bellissima così com’è. Posso dire” – dice Maria Chiara – “che la malattia non ha fatto altro che arricchire la mia vita. Quando ero sana sarei morta di li a poco, e invece adesso con la malattia sto vivendo realmente, e sono contenta di questo.”
Tante volte diciamo che i giovani non hanno niente da insegnarci, hanno solo bisogno di imparare. Probabilmente anche dai giovani dobbiamo andare a scuola noi adulti, per poter apprezzare che cosa significhi davvero l’esperienza della pienezza di una vita.
E poi Maria Chiara dice, e concludo con le sue parole: “Vorrei tanto che la mia morte possa essere un grande giorno e vorrei tanto poter avere tutta San Mauro” – il gruppo dei giovani francescani – “lì attorno a me che canta e fa festa perché finalmente vedrò il mio Amore che ho tanto atteso e desiderato”.
Amici questa è la Pasqua. Se volessi spiegarlo in altre maniere io non riuscirei, e davanti a queste parole anche io taccio. Queste parole riempiono il cuore perché hanno quella sapienza di Dio e quella saggezza che mi fa dire “allora Dio mette nel mondo persone grandi, anche se semplici!”.
Chiediamo al Signore che la luce della Pasqua non si spenga nel nostro cuore. Il termometro di questa luce accesa è la gioia che possiamo portare nel cuore. Guardiamo con occhi diversi la vita, guardiamo con occhi diversi noi stessi. E lascio a voi, come augurio di questo incontro, di quello che il Signore desidera per ciascuno di noi, le parole che Maria Chiara dice, nel suo testamento: “lascio a tutti quelli che leggeranno questo testamento la speranza, la speranza di godere della vita terna sia qui sulla terra che in cielo” – allora già da adesso possiamo essere nell’eternità! – “quella speranza che racchiude in sé la gioia la pace e l’amore. Non perdete tempo a pensare a cose superflue e senza senso, vivete ora e adesso con Dio e solo così pian piano capirete quanto è bello vivere l’ora e l’adesso per Lui”. Queste parole facciamole diventare preghiera. Tante volte chiediamo al Signore la salute, che gli affari vadano bene, che le cose si sistemino. Forse raramente chiediamo la Sapienza che è capace di cambiare una vita e non solo la propria, ma anche quella degli altri.
Maria Chiara è stata un dono, è un dono.
Sappiamo che questo amore per la Comunione dei Santi non è finito e non finisce, continuiamo questa storia ognuno al posto in cui si trova, e ci accorgeremo che la vita non è una gabbia. La vita è dono e quando nella bibbia si parla di come Dio ci ama si dice che Lui ci ha dato ali d’Aquila. Maria Chiara è volata in alto, è andata lontano, ha incontrato l’Amore. Quell’amore che già aveva vissuto e aveva cominciato a incontrare quaggiù.
L’augurio che vi faccio e che davvero l’esempio e la vita di Maria Chiara faccia dire a ognuno di noi, ora, stasera, “Signore Grazie! Per il dono della vita e grazie per il dono di Maria Chiara!”