Nelle mani sicure del Padre

Scrivo oggi questa mia testimonianza, giorno in cui ricorre la Giornata dell’ammalato, Festa della Madonna di Lourdes – 11 febbraio 2016 e ringrazio il Signore per avermi permesso di raccontare la mia esperienza su Maria Chiara già diverse volte da quando è nata in cielo.

Maria Chiara mia! Scrivo poche righe per provare a dire quanto mi senta fortunata ad averti come sorella. Per me sei frutto di un lavoro bello ma soprattutto di un bene grande che il Signore mi ha immeritatamente donato. Raccontare, descrivere, dire quello che è stato il nostro condividere è adesso necessario per aprire le porte verso tanta bellezza incontrata e vissuta. E quando una storia e ancora di più una persona è così bella, risulta impossibile trattenere tutto per sé.
Tra me e te, superata una primissima fase di “naturale antipatia” che si era innescata in me nei tuoi confronti fin dalla tua nascita, volgarmente detta “gelosia” è scattata nel tempo una complicità unica, direi quasi invidiabile che rendeva semplice e vero lo stare insieme e, senza fare alcuno sforzo, siamo riuscite a vivere momenti irripetibili.
Devo dirti GRAZIE per tantissimi motivi. Primo fra tutti un grazie perché sei stata generosa con me dal momento che non solo hai capito tu che l’unico scopo nella vita su questa terra è salvarsi, ma hai fatto in modo che anche io potessi acquisire questa consapevolezza: arrivare alla meta facendo centro è stato per te un impegno a cui hai dedicato gli ultimi mesi della tua vita, conducendomi, quasi “obbligandomi”, con costanza e determinazione ogni giorno, con tutta la famiglia, a lasciare tutti gli impegni per ritrovarci insieme a pregare con il rosario e i vespri. E tu, ogni giorno che passava, davi sempre più l’impressione che stessi consumandoti come un lumicino che si va affievolendo, ma solo dopo aver fatto luce, quella necessaria per te e per gli altri, che ti mostra dove veramente stai andando.
Mi hai mostrato che ti sentivi figlia di Dio perché era come se ti guardassi con gli occhi di un Signore, di un Padre, di un Papà che prova amore immenso per te, che vuole sempre il meglio per te, che mai ti perde o ti dimentica. Come figlia hai riconosciuto che il Padre non ti avrebbe fatto mancare nulla, avrebbe provveduto a tutto il necessario al momento opportuno. Da figlia di Ignazio e di Dina hai capito dopo un po’ di essere prima di tutto figlia di Dio e come tale ti comportavi. Una figlia di Dio che desiderava splendere della Sua luce! Starti accanto mi faceva sentire proprio la necessità di splendere della tua stessa luminosità. Sono stata testimone di una Maria Chiara nuova, splendente, diversa nel sorriso, nella vita, nelle iniziative, nelle scelte su come condurre la vita. E tanta luce ho ricevuto da te, non solo durante la preghiera, ma anche all’epoca delle tante chiacchierate più o meno serie che facevamo davanti ad un buon gelato o in giro tra le vie del centro storico di Sciacca. Ti ho lasciato bambina, ragazzetta che amava fare tutto quello che le passava per la testa e ti ho ritrovata dopo alcuni anni diversa, quasi grande oserei dire. Eri cresciuta senza che me ne fossi resa conto e quasi nelle tue scelte potevi farmi adesso da sorella maggiore.
SCOPO unico della tua vita era diventata la felicità piena in Dio. Ecco anche il motivo per cui, senza darmi tante spiegazioni, mi venivi a chiedere, con il tuo fare convincente, se potevo finanziarti viaggi o appuntamenti vari con gli amici “nuovi” che avevi trovato nell’incontro con Dio. Desideravi tanto crescere in questa nuova prospettiva e tutto questo mi ha fatto toccare con mano, attraverso di te, che stare con Gesù non toglie nulla! Anzi ho appreso che con Lui la vita può essere arricchita di beni più grandi, duraturi e profondi.
Cercando tra le tue foto ne ho trovata una
molto significativa
con l’immagine di una CROCE con su scritto: “Fidati di Me”. Davvero tu credevi a queste parole e mica era semplice distoglierti da
questa certezza!
Prendo spunto da questa foto per ricordare che mi hai insegnato che CROCE e FEDE passeggiano a braccetto, perché attraverso la tua grande sofferenza hai capito con gli occhi della fede che proprio da quella prova grande, di profondo dolore, di umiliazione per non poter essere in pieno una mamma, con dolori fisici che laceravano il tuo corpo fino a farti spaventare, proprio da lì avresti ottenuto la salvezza, la VITA PER SEMPRE.
Avevi la consapevolezza di un amore colmo di attenzioni rivolte a te, non ad una persona qualunque tra tante, ma a te, UNICA agli occhi Suoi. E non solo ti sentivi una figlia amata da Lui, ma credevi di aver ricevuto tanto al punto da essere spinta non a ripiegarti su te stessa e piangerti addosso, ma ad incontrare gli altri, portando la speranza a chiunque ti incontrasse.
Eri TESTIMONE credibile e vera di quell’ AMORE che mentre io potevo solo raccontare tu invece stavi vivendo sulla tua pelle. Ecco perché spesso quando uscivamo insieme ci tenevo a far sapere alla gente che chi mi stava a fianco era una malata oncologica! Questo perché ti stavo accanto con orgoglio, respirando del tuo stesso ottimismo e sentendomi protetta dal tuo modo nuovo di affrontare le situazioni: se nelle tue condizioni in cui un corpo si sta lentamente esaurendo la Gioia aveva trovato spazio, non avrei più avuto nulla da temere e di tutto ciò anche gli altri dovevano sapere! Volevo gridarlo a tutti ma non avevo chiaramente il tuo ok, il tuo permesso perché sapendolo sì, la gente si sarebbe meravigliata della carica vitale che arrivava in modo assolutamente naturale a chiunque incrociasse il tuo sguardo, ma poi tale atteggiamento sarebbe stato subito sostituito dalla pietà, dalla compassione. Come darti torto: occhi pietosi addosso credo proprio non si possano augurare a nessuno!
Adesso è come se mi avessi dato il via libera, ho tutto il tuo consenso. Sembri dirmi: “Volevi così tanto dire che stavo vivendo proprio mentre stavo per morire? Fallo adesso. Puoi! Devi!”
Mi hai fatto vedere come si fa a mettere ordine nella propria vita, amando nella sequenza giusta, prima Dio e poi una cosa dopo l’altra, secondo la giusta sequenza. Da qui la necessità non più di condurre una VITA MEDIOCRE, ma piuttosto di essere un capolavoro, un PRODIGIO. Ricordo ancora quando un pomeriggio in macchina mi facesti ascoltare il testo di una canzone che diceva: “Sei tu che mi hai creato e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Tu mi hai fatto come un prodigio le tue opere sono stupende per questo ti lodo”. E ti vedevo felice nel raccontarmi che sentivi tuo quel testo, quella melodia. Ho tenuto nascosto quel tuo dono per mesi come un tesoro tutto mio, non avevo intenzione di dividerlo con nessuno, naturalmente tutto questo prima che diventasse una canzone popolarissima. Arrivando a casa ero molto commossa da questo regalo che mi avevi fatto donandomi l’mp3 di questa canzone e ho voluto ritagliarmi del tempo per capire cosa ti avesse così tanto colpito. La ascoltai e la riascoltai e sinceramente Mari ti dico che ho pensato non avesse molto senso cantare e amare quel testo! Come potevi fare tue quelle parole nella condizione in cui stavi? Le masse continuavano a crescere in maniera vistosa tanto da diventare un’unica grossa massa, sembrava portassi davvero un bimbo in grembo, avevi tutto il diritto di ribellarti a quella storia che Dio stava facendo con te, eppure lo lodavi? Lo ringraziavi perché le Sue opere nella tua vita erano stupende? Non capivo! Anche qui mi hai sbalordito, la nuova prospettiva ti vedeva desiderosa di pretendere il massimo della felicità già su questa terra, anche se le tue condizioni di salute non erano proprio in sintonia con te. Unita a questo, la tua VOGLIA DI VIVERE era per me difficile da gestire, quando venivi a qualsiasi orario chiedendomi di uscire, di scendere al mare, di organizzare mangiate coinvolgendo altri amici, o ancora in tarda serata quando ci invogliavi ad organizzare partite a Risiko, terminando anche alle 2 o 3 di notte. Ed io, sbigottita dalla tua prorompente vitalità non riuscivo mai a dirti di no.
Ho letto di Chiara Amirante un pensiero molto bello che calza a pennello proprio per queste mie parole e diceva che “Ogni sofferenza non è soltanto una prova alla quale siamo sottoposti, ma anche possibile “incontro” con Gesù Crocifisso”. Da questo pensiero voglio partire perché ciò che ha dato qualità alla tua vita è stato proprio questo incontro nato e cresciuto nella sofferenza grande. Se mi dovessero chiedere di te, non saprei da dove iniziare e soprattutto quali punti della tua vita toccare, ma di certo non potrei non presentare la tua storia dal punto di vista di una sorella il cui legame è stato, ed è ancora di più adesso, forte e vigoroso.
Mi piace dire che io ero la sorella con cui hai condiviso tante cose quotidiane e magari se vogliamo frivole e accanto alle esperienze di ogni giorno, alle uscite, alle passeggiate, alle chiacchierate mi sono trovata diverse volte con te da dottori e in centri specializzati per PET, TAC e quanto altro servisse per diagnosticare l’evoluzione della tua malattia. Mi sono ritrovata al tuo primo grande intervento in cui i fibromi non erano poi cosi piccoli e innocenti come si credesse e la mia paura più grande era trovare le parole giuste da dire a mamma e papà, in quest’occasione così come in tante altre. Proprio così: consolare mamma e papà, prepararli a ciò che sarebbe stata di lì a poco la tua grande assenza, il tuo lungo viaggio che, scherzando con Matteo (mio figlio), dicevo sarebbe stato per un paese lontano, con biglietto di sola andata.
Non ho nessun merito per essere tua sorella, ero semplicemente fiera di te da sempre e lo sono ancora di più adesso che mi hai lasciato una cosi grande eredità: la FEDE, la TUA fede. La tua vita agli occhi del mondo è stata davvero un fallimento: avremmo voluto tutti assistere ad un lieto fine e poter dire che dopo una lunga prova tutto era passato. E magari gridare al miracolo! Questo il nostro forte lato umano ci imponeva di pensare. Tu invece della tua malattia avevi una concezione differente da come posso averla avuta io e dicevi che essa era una benedizione per te, perché attraverso di essa vivevi, altrimenti saresti già morta da un pezzo. Ecco che con te ho visto ribaltata l’idea di vita, di guarigione, di salvezza che da sempre avevo avuto.
Non avevo capito nulla fino a quando non sei arrivata tu ad aprirmi gli occhi. Sono stata io a ricevere la chiamata dall’ IEO (Istituto Europeo di Oncologia) e a doverti comunicare che forse le masse non c’erano più e sempre io sono stata testimone della tua mancanza di entusiasmo dinanzi alla notizia di un ipotetico miracolo, reazione che poi ho capito essere giustificata dal fatto che da quella malattia sapevi di ricevere la vita.
La tua vita per il mondo era palesemente storta e ancora di più tu eri una stolta a viverla con quella carica, con quella serenità, ma solo standoti accanto si percepiva che tutto andava bene così, niente stava accadendo di sbagliato.
Quante volte mi sono ribellata e ho pianto, implorando Dio di farci questo miracolo. Sono arrivata a chiedere a Dio di non darmi altri figli, cosa che desideravo più al mondo, in cambio della tua guarigione. Proprio così: pensavo di portare Dio ai miei bassissimi livelli, barattando con Lui il mio desiderio grande di essere ancora e tante volte madre in cambio della tua guarigione. Ero convinta che con Dio valesse questa logica del do ut des, io do affinché Tu mi dai, insomma per me era ovvio che potevamo io e Lui scambiarci delle cose, delle situazioni in maniera ben definita, quasi meritandomi questa grazia dopo tanto impegno. Ho fatto preghiere, pellegrinaggi, novene, rinunce, certa che sicuramente in cambio di tanto il Signore ti avesse ridonato la salute.
Poi accadeva però che ti vedevo gioiosa di essere così, in quella condizione! Tutto ciò mi spiazzava, era davvero successo qualcosa di strano perché tu potessi vedere la vita buona così: o eri improvvisamente impazzita e non capivi più il valore della vita, oppure avevi scoperto qualcos’altro. E proprio aver gustato questa misericordia di un Padre che, come hai detto tu diverse volte, non ti aveva realmente mai per un istante abbandonata, ti faceva vedere tutto da un’altra prospettiva. Avevi imparato ad accettare da Lui ogni cosa, con docilità; ti eri fatta piccola e semplice, rispondendo a tutto con GRAZIE, niente ti era dovuto, niente scontato averlo.
Hai vissuto a braccetto con la sofferenza, ti sei fatta sua compagna di viaggio: 5 interventi, controlli in quantità, 2 cicli di chemio (nausee violente, vomito, spossatezza, occhiaie, vene distrutte e flebiti, caduta dei peli soprattutto dei capelli…), utero e ovaie tolte con conseguente menopausa forzata, scompensi ormonali notevoli, osteoporosi, rinuncia ad avere figli. Avevi imparato a dire GRAZIE senza averne umanamente proprio tutti i motivi, anche se il “dispensatore di cioccolatini”non ti stava dando proprio tutto ciò che avresti voluto, tutto ciò che forse era bene per te. Eppure quello che Lui ti stava donando era abbastanza distante da quanto chiedessi io, ma tu sembravi dirmi che a te stava bene così e che Dio non per forza distribuisce la grazia che ci aspettiamo, come la guarigione in questo caso; Lui è uno che sente compassione per me, mi ama, gli interesso al di là di tutte le mie paranoie e le mie allettanti “offerte”.
E ricordo ancora quando ti portammo a Palermo, invitandoti a partecipare ad un incontro tenuto da un sacerdote carismatico, in occasione di una giornata di forte preghiera di guarigione. Lì ero certa che il Signore avrebbe risposto ai tuoi tanti perché e che avrebbe avuto per te la profezia di una futura e vicina guarigione. Forse lo speravo più io che tu, ma comunque ne ero certa! Quando toccò a te, il sacerdote, che girava tra la gente portando Gesù con l’ostensorio, ti benedisse e non ti disse nulla, né tantomeno frasi del tipo: “Ti guarirò”, motivo per cui io e Leonardo (mio marito) ti avevamo condotta lì. Entrando in macchina ti chiesi se, come me, anche tu ci fossi rimasta male per non aver ricevuto anche solo una parola di consolazione e tu, con molta serenità e determinazione, ci dicesti che andava bene così. Ed eri serena, assolutamente serena! Quella serenità che a me spiazzava sempre!
Un altro episodio simile riguardava la richiesta di preghiera che, senza esserci dette nulla, avevamo rivolto separatamente a S.Rita, in prossimità della sua ricorrenza nel giorno 26 di maggio. Era la festa proprio della Santa quando, passando dalla chiesa Madre dove la si venera, dopo la messa, ci aspettavamo di ricevere una rosa, come segno della grazia ricevuta dopo aver pregato la Santa per nove giorni consecutivi. Io ovviamente avevo chiesto la tua guarigione e tu poi mi dicesti averla chiesta pure in quell’occasione. Fatto sta che non ricevemmo nessuna rosa. Quando andammo per uscire, una ragazza di nostra conoscenza ci chiamò e ci consegnò due petali! Non una rosa ma due petali! La risata fu inevitabile: ci scherzammo su per un po‚ e da li è come se avessi preso coscienza che quella grazia che chiedevo di guarirti non sarebbe mai arrivata, almeno non come credevo io.
Quando poi ti sei opposta a fare l’ennesimo ciclo di chemio, consapevole che, dopo averla ripetutamente sperimentata, il tuo mostro era un chemioresistente, ho preso il telefono, ho urlato a padre Vito cercando di esporgli il problema nella speranza che lui ti avesse fatto riflettere, convincendoti magari, perché la tua scelta di non fare più terapia sembrava ai nostri occhi un esserti arresa, un non aver più voglia di lottare per la vita. E lui, dopo avermi fatto sfogare, mi disse: “Tu non puoi aggiungere neanche un solo giorno alla sua vita. Non pensare che lei sia una sprovveduta. Sa a cosa va incontro. Lei sta vivendo ogni giorno dando l’importanza che merita”.
Capii che tu avevi ormai compreso che non eri la Padrona della tua vita e che avevi iniziato a dare il giusto peso alle cose, alle persone, a Dio, secondo una gerarchia ben precisa. Ogni cosa al suo posto: lodi, messa, passeggiata, mare, partita a Risiko, cinema, telefonate, fotografie, lavoretti con pannolenci, viaggi, visite… una vita intensissima, da malata ancora di più rispetto che prima.
E volevi testimoniarlo questo Amore grande anche con un sorriso, con un abbraccio, con una chiacchierata, con una passeggiata.
Ti ho visto in momenti in cui sembravi meditassi ogni cosa nel tuo cuore come la Vergine Maria e questo ti conduceva necessariamente a fare ordine nella tua vita e a far tacere tutto quello che poteva, anche solo per un poco, distoglierti dagli affari “seri” che ormai ti riguardavano in prima persona. E anche lì sei diventata per me una sorella maggiore, proprio perché hai costretto anche me a fare i conti con le faccende “serie” pur rimanendo il rapporto tra noi due abbastanza spensierato e giocoso. A tratti mi sei stata anche madre: sapevo di poter contare su di te, come un figlio nei confronti della madre e con te mi sentivo protetta. E come tutte le madri che si rispettino, mi hai trasmesso gli insegnamenti più belli con l’esempio, con la vita, senza troppe parole. Adesso non mi vergogno a raccontare che pur essendo più grande di te di 8 anni, all’età di 36 anni ho imparato grazie a te a vincere la paura di volare e a viaggiare in aereo. Mi dicevi che così avremmo fatto prima e che in poco tempo potevamo girare il mondo. O ancora mi hai costretta a nuotare dove l’acqua era alta, quando andavamo in piscina. Niente e nessuno sembrava ormai spaventarti!
In genere ti accorgi quanto valga una cosa, una situazione, una persona nel momento esatto in cui ti manca e non è più davanti ai tuoi occhi. Per te mia cara non è stato così e con ciò non posso e non voglio nascondere momenti di nostalgia fortissimi che vorrebbero impossessarsi di me, lasciando spazio solo a malinconici attimi di ricordi struggenti fini a se stessi che non portano a nulla, anzi che mi trasportano nel buio e nella tristezza più profonda, ma al di là di questo naturale percorso che una persona a te cara non più presente suscita, la tua presenza è viva ogni giorno nella mia vita. Tutte le volte che mi manchi ti ricordo in tutto quello che abbiamo condiviso insieme e, ancora meglio, basta che io mi metta in preghiera e mi ricordi che intensità di dialogo avevi raggiunto con Dio per sentirmi da te accompagnata. E tanti sono i salmi, i canti, i passi che mi fanno sentire te vicina: “Ti basti la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta nella debolezza…quando sono debole, è allora che sono forte. (2Cor 12,9-10); oppure ancora “Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi” (2Cor 4,7)…”Mi cercherete e mi troverete perché mi cercherete con tutto il cuore.” (Ger 29,13);” Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto” (Gc 1,17). “Chi rimane in me ed io in Lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”. (Gv 15)
La FELICITA’ per te era diventata Qualcuno e non qualcosa: alla fine eri così ben disposta a portare una croce pesante pur di avere però Qualcuno fisso davanti a te per cui valeva la pena portarla.
Era bello pregare con te, quando non stavi malissimo lo era ancora di più. Eri vera nel tuo incontro con Dio e quando eri a colloquio con Lui non si scherzava più. Mi sei stata madre anche in questo, facendomi zittire dinanzi ad un incontro profondo e vero con il Tuo Sposo. Eravamo solite scherzare tanto insieme, ma al momento in cui si facevano le cose serie non lasciavi spazio alle perdite di tempo, anzi mi invitavi a fare lo stesso e, qualora non riuscivo a seguirti in questo tuo desiderio cosi forte di Dio, era come se rimanessi anni luce da te. Sei stata madre per me, motivo per cui alla tua nascita in Cielo mi sono sentita quasi orfana! Subito mi sono chiesta chi mi avrebbe spronato a vivere, ad andare incontro alla vita, a ciò che la vita mi dava con cuore e mani aperte come facevi tu. Eppure dal Cielo sento che mi stai spingendo ancora a fare il punto della situazione ogni giorno, specialmente nei momenti più tosti sento che non mi molli perché conosci bene le mie tante e profonde fragilità. E adesso più che mai mi manca la tua spalla su cui appoggiarmi perché mi avevi abituata fin troppo bene contando sempre su di te,è come se mi porgessi un’ala su cui piuttosto volare. Il ricordo tuo mi invita ad alzare il capo verso su, piuttosto che in direzione delle dita dei piedi.
Mi hai costretta ad interrogarmi su tutto e ancora oggi mi chiedo “Cosa sto facendo? Come vivo le mie malattie giornaliere?” A tratti, sapendo di sbagliare, ho pensato che la misericordia del Cielo è proprio strana, direi incomprensibile per i parametri della mia logica: mi sta molto stretta, fino ad arrivare al punto di credere che Dio non fa proprio le cose “giuste”: non era infatti giusto che, per motivi ben differenti, sia io che te dovessimo soffrire a causa di un utero che piuttosto che darci la vita ce la stava togliendo. Da quell’organo, sia io che te ci aspettavamo che dovesse necessariamente arrivare la vita. Eccoti invece comprendere e fare un salto di qualità credendo di poter essere madre anche senza un utero e insegnandomi che la vita può essere donata in abbondanza anche nelle condizioni in cui versavi tu: hai creduto nelle promesse fatte dal Signore!
Ho sempre creduto che la mia vita debba essere ricamata da bei progetti, grandi sogni, profondi desideri, aspirazioni e ambizioni elevate che in un modo o nell’altro, prima o poi, devo assolutamente raggiungere e in tutto questo bel quadretto è come se Dio dovesse apporre il suo OK ad ogni mio passo, specialmente se ben giustificato. In questo senso è come se tu mi avessi dato uno schiaffo, ricordandomi che unico e vero obiettivo nella vita deve essere l’INCONTRO con LUI, tutto il resto può portare a nulla. E questo tu lo hai vissuto credendo che niente è dovuto, ma piuttosto che tutto è DONO, che la salvezza non necessariamente corrisponde alla buona salute, che si può vivere nella GIOIA.
Nel libro di Chiara Corbella leggo “Il corpo è fatto per amare, è questo il suo scopo. E’ attraverso il corpo che il male, la frustrazione, il dolore ci raggiungono nella nostra storia e nelle nostre giornate. Ma la buona notizia è che proprio attraverso un altro Corpo arriveranno consolazione e salvezza”. Dal tuo corpo non è arrivato un miracolo o la salute, ma piuttosto la SALVEZZA e tu, fino all’ultimo quel corpo non lo hai disprezzato, ma lo hai amato, curato, adornato. Eri bella con poco e i colori che portavi addosso esprimevano un po’ di quell’armonia che ormai da tempo vivevi dentro.
Come potevi umanamente ringraziare Dio che sembrava fare storte tante cose nella tua vita? Eppure a spingerti c’era la GIOIA di vivere la Grazia ogni giorno, senza aspettarti chissacchè, scoprendoti amata, E se da una parte sono certa che anche nel dire “si” a Lui tu abbia alle volte sofferto, dall’altro chiunque ti abbia conosciuta nella fase terminale, nel tuo ultimo anno di vita, ha trovato meraviglioso come tu non abbia staccato mai gli occhi da Dio. Era Lui la tua unica certezza e SPERANZA, di cui hai parlato poi nel testamento, era Gesù Cristo di cui non hai mai rinnegato l’amore e che hai fino all’ultimo testimoniato. E vedere una giovane ammalata vivere così bene mi ha messo mille interrogativi nella testa, mi ha fatto riflettere della piccolezza in cui sono immersa e ha aggiunto tanto alla mia vita. Hai accolto Gesù nella tua vita, lo hai fatto diventare tuo amico incontrandolo nella sofferenza grande, hai detto il tuo “si” ogni giorno e lo hai rinnovato ogni qualvolta potevi. Non credo che sempre tu abbia compreso, ma comunque hai accolto, certa che il Padre fa bene ogni cosa, da solo cose buone ai suoi figli. Hai portato la croce nella pace, facendo spazio a Gesù Cristo e accettando Lui nel tuo cuore. Per far questo hai dovuto tagliare con chi ti distraeva dal vedere l’Eternità. Trovo sul libro di Chiara: “Chi non ti parla di Dio, ma di un mezzo Dio, ti ha fregato”. E così hai tagliato con dottori, amicizie sbagliate, abitudini non sane e veritiere. Ti sei fidata di Dio e non sei rimata delusa.
Era necessario che tu morissi perché si potesse testimoniare che Dio è buono e che si può MORIRE FELICI. Avremmo una colpa grande se tacessimo e tenessimo tutto per noi. Dinanzi a così tanta Bellezza a noi è dato di essere testimoni viventi di questa storia grande fatta con te. A noi il compito adesso di raccontare la storia tua, ma soprattutto la storia di come Dio AMA anche li dove non vediamo e non capiamo. E tu sei stata testimone vivente e credibile di questo Amore tanto da non accontentarti di una vita mediocre. Hai dato una svolta alla tua vita perché sapevi di essere creata per realizzare qualcosa di grande. Hai creduto nelle promesse che il Signore ti aveva fatto, credendo sinceramente che riguardassero te e non qualcun altro al posto tuo. Dicevi che con te il Signore non aveva sbagliato nulla e che non avresti cambiato una virgola della tua vita. Non esiste la morte per chi conosce Cristo, non si può essere tristi se si vive CON Lui, bisogna far festa, è necessario fare festa, gioire: la sposa deve andare incontro allo sposo. Ecco il perchè il tuo funerale è stata una vera festa! Qualcosa di divino!
Adesso, col senno di poi, ho capito che nulla della mia storia con te è avvenuto per caso: anche aver ricevuto da te la coroncina posseduta da Giovanni Paolo II, regalo che avevi ricevuto durante uno dei tuoi ricoveri all’ospedale Gemelli di Roma e a cui eri molto legata. In tempi in cui la tua malattia era presente, ma non ancora giunta nell’ultima fase, mi hai fatto capire come per te era diventato importantissimo che io pregassi; in quel regalo mi stavi chiedendo di volgere il mio tempo e le mie attenzioni a ciò che unicamente mi avrebbe salvato.
Sono stata con te anche durante la fase del tuo allontanamento da Dio, quando avevi deciso di combinarne di tutti i colori, in cui eri alla ricerca della felicità tra le pezze e le toppe della mondanità. Di certo in un periodo di tal confusione non avevi lasciato tanto spazio al silenzio e questo non ti permetteva di entrare in intimità con Dio. Desideravi mettere ordine, ma non sapevi ancora qual fosse il punto di partenza. Hai così compreso, soltanto dopo aver fatto spazio ai progetti di Dio, che eri stata chiamata per l’Eternità e puntando ad essa dovevi operare, senza mezze misure, lontana dalla mediocrità, facendo spazio a Colui che vuole per te una VITA BELLA.
Con te posso testimoniare che la vita ha vinto la morte e grazie a te ho toccato con mano cos’è la vita eterna. Ti ho vista sorridere con padre Vito ed Enrica di quel mostro che ti stava divorando, sorridendo sulle sue trasformazioni del viso, con le guance paffute per il cattivo funzionamento dei reni, sulle gambe gonfie. Nella sofferenza fisica eri serena: questo sì che è stato un miracolo per me! E anche se la mia preoccupazione più grande in fondo era sempre stata quella di preparare mamma e papà al tuo viaggio per un paese lontano senza ritorno, hai provveduto tu a questo, preparandoci tu stessa a vivere la tua nascita in Cielo. La tua serenità ci ha accompagnati negli ultimi giorni della tua vita terrena. Hai preparato tutto, pure il tuo matrimonio, la tua festa di nozze, l’incontro con il tuo Sposo. E non per ultimo grande dono da te fattomi è stato l’aver sperimentato che abbiamo un OGGI a cui pensare, tutto il resto poco conta. Anche se avevi tutti i motivi per disperarti con questa malattia, piuttosto hai imparato a lodare e ringraziare Dio, a riconsegnare tutto a Lui, a riconoscere in tutto ciò che ti accadeva una Sua volontà, a trovare in chi incontravi un DONO, in un crescendo di grazia e di gioia, riconoscendo che su questa terra noi siamo di passaggio, che la vita vera deve ancora arrivare e che solo su quella bisogna fare gli investimenti migliori. Hai dovuto farlo in fretta, non c’era tempo da perdere! Preghiera e fraternità erano diventati per te anelli fondamentali che ti permettevano, ad uno stesso tempo, di ricongiungerti con noi e con Lui, in una vita completa. Sapevi che per arrivare da Gesù non è opportuno cercare scorciatoie o cercare degli stratagemmi per svincolarsi dalla croce. Desideravi essere amica di Gesù e quindi sapevi che a nulla sarebbe servito lamentarsi, piuttosto avevi scelto di prendere ogni giorno quello ti capitava, anche se diverso da quanto avresti desiderato per te, certa di essere NELLE MANI SICURE DI DIO.

Grazie Mari.

Myriam