Ho citofonato Mangiacavallo e qualcuno è sceso

È il venerdì santo di quest’ anno, sono in una sala d’ attesa di un centro radiologico, aspetto di fare una risonanza alla testa, fissata alle 12 “Devo salire in croce insieme a Gesù” penso tra me e me. Ho paura di stare dentro quel tubo chiuso, con un caschetto in testa per 45 minuti insieme ai rumori assordanti dell’apparecchio. Ho ancora più paura di scoprire cosa c’è che non va, sono anni che lotto con le malattie e che mi trascino da un medico all’altro cercando una diagnosi. Si fanno le 13, ancora ho una persona davanti, vado via e rimando la risonanza, ho la bambina a casa che piange, devo tornare ad allattare. Maria Pia ha sei mesi, è frutto di Maria Chiara, di Myriam sua sorella che mi ha permesso di parlare con padre Vito, è frutto della speranza e della fede che ha permesso a me e mio marito di non ascoltare i medici che non volevano che una persona con tanti problemi di salute si aprisse alla vita. Maria Pia c’è, è sana e ritardo le cure per i miei problemi perché voglio allattarla. Torno dopo quattro giorni e mi sottopongo alla risonanza, penso tutto il tempo a Maria Chiara per trovare la serenità di stare lì dentro e prego lei immaginando che si fosse trovata tante volte in quella situazione… Finisce l’esame, sono felice, ce l’ho fatta, la ringrazio in cuor mio e torno a casa. Mi siedo sul divano e attacco mia figlia al seno. Mi arriva una telefonata dal centro “Signora deve tornare qui, la dottoressa deve parlarle”. In quel momento si ferma il mio mondo e penso “Ecco ho un tumore al cervello”. Spiego che non ho la macchina, non posso ritornare, chiedo di potermi spiegare la situazione per telefono. “Si signora, lei ha dei trombi in testa, deve iniziare subito le punture di anticoagulante e andare dal suo medico”. Inizialmente mi sento miracolata, se non l’avessi scoperto chissà che mi sarebbe accaduto, il giorno dopo crollo, mi prende la disperazione, sono stanca delle malattie, ho una bimba piccola avuta a fatica. Penso a Chiara Corbella, al fatto che i figli sono un dono come ogni cosa nella vita, penso a Maria Chiara, a come potesse accettare un tumore, ben più grave di una trombosi. Questa volta non ci sto, mi arrabbio con Dio come dopo il parto (costretta mesi a letto per i forti dolori reumatici e i capogiri), questa volta non riesco a reagire. Devo fare una risonanza con contrasto che non mi permette di allattare e poi dovrò sottopormi a cure più pesanti. La mia quaresima non finisce, eppure Gesù non è risorto? E io? Perché devo restare dentro al sepolcro? La mattina della risonanza sembro un agnello che va al macello, lascio mia figlia a casa consapevole che non avrei più potuto allattarla, sono terrorizzata. Faccio il colloquio con il medico, non se la sente di iniettare il contrasto (sono allergica a molti farmaci e non mi avevano informata della preparazione con il cortisone). Mi si accende una fiammella di speranza. Rifanno la risonanza sperando di vedere meglio ed evitare il contrasto. Questa volta il tubo è ancora più stretto, la maschera attaccata al viso, io prego prego prego, citofono Mangiacavallo. Sono passati 45 minuti, ce l’ho fatta! “Signora, qui non c’è trombosi, ma abbiamo riscontrato un problema vicino all’orecchio, nulla di grave”. Lì per lì penso avessero sbagliato la prima volta, mi arrabbio, vorrei chiedere i danni morali. Confrontano i due dischetti con le risonanze, i trombi c’ erano, ora non ci sono più. I medici non se lo spiegano, non è possibile, quella cura blanda non poteva farli andare via così. Io risorgo, torno alla vita. Il mio calvario medico prosegue ma io sono risorta. Quel venerdì santo è salito Gesù sopra la croce, io ho dubitato, mi sono disperata. “Donna di poca fede” mi ripete mio marito. È un miracolo! Sono certa che Maria Chiara è rimasta lì con me, con il suo viso splendente di vita a dirmi che il Signore è buono, Lui non sbaglia, il suo progetto è perfetto e ci ha fatti come un prodigio. Io ho citofonato Mangiacavallo e lei è scesa da me <3

Pamela